Professore, accademico, uomo di cultura, vero gentiluomo, straordinario uomo ed esemplare Fratello e Compagno.

Così, il nostro Eccellentissimo Sommo Sacerdote, carissimo Compagno Tiziano Busca lo ricorda:

Se ne è andato un pezzo di cuore, reale, un affetto sincero. Se ne è andato, con tutte le sue cose umane, le sole che se ne possono andare: il respiro, il sorriso, il cammino. Un grande pensiero, soprattutto. Che è nozione e condivisione, come solo lui, o quasi, sapeva fare. Un compagno di avventura e di stupori da raccontare. ne abbiamo avuto di storie, ne abbiamo avuto di incontri, anche conferenze. Tutte iniziative che venivano da un’esigenza in comune: dare vita alla nostra passione di sempre, farla muovere. Doveva essere questo il senso del Golem degli ebrei. Dare un corpo alle tue idee e vederle crescere come farebbe un bambino.

Come al solito si può dire: ciao Morris. Ci mancherai. Ci mancherà il tuo abbraccio affettuoso, ci mancherà il tuo dire, i tuoi libri. Anche l’amicizia è testimonianza. Come la cultura. E la Cultura ci consente oggi di dire: se ne è andato il corpo di Morris Ghezzi. Il suo spirito è ancora qui. A cantarci l’anima col suo profumo

Della sua battaglia contro un male che non voleva lasciargli tregua e che sapeva guardare con profondo coraggio e tenacia dritto negli occhi, sapremo farne insegnamento di coraggio.

Il suo grande amore per il nostro Ordine Iniziatico e per i Fratelli, il suo spirito di dedizione e di servizio ad essi, il suo esserci sempre e comunque anche quando il suo fisico richiedeva una pausa, saranno sempre scolpiti in maniera indelebile nelle nostre pietre.

Al Fratello Morris, oggi all’Oriente Eterno, dedichiamo questa splendida poesia del poeta Dylan Thomas e ci uniamo in catena d’unione e d’amore in suo ricordo.

Non andartene docile in quella buona notte,

I vecchi dovrebbero bruciare e delirare al serrarsi del giorno;

Infuria, infuria, contro il morire della luce.

Benché i saggi conoscano alla fine che la tenebra è giusta

Perchè dalle loro parole non diramarono fulmini

Non se ne vanno docili in quella buona notte,

I probi, con l’ultima onda, gridando quanto splendide

Le loro deboli gesta danzerebbero in una verde baia,

S’infuriano, s’infuriano contro il morire della luce.

Gli impulsivi che il sole presero al volo e cantarono,

Troppo tardi imparando d’averne afflitto il cammino,

Non se ne vanno docili in quella buona notte.

Gli austeri, prossimi alla morte, con cieca vista accorgendosi

Che occhi spenti potevano brillare come meteore e gioire,

S’infuriano, s’infuriano contro il morire della luce.

E tu, padre mio, là sulla triste altura maledicimi,

Benedicimi, ora, con le tue lacrime furiose, te ne prego.

Non andartene docile in quella buona notte.

Infuriati, infuriati contro il morire della luce.